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Rivoluzione Skill-Based: come cambiano i processi HR e i modelli organizzativi
Il 19 marzo si è tenuto il terzo workshop dell’edizione 2024-2025 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, intitolato “Rivoluzione Skill-Based: come cambiano i processi HR e i modelli organizzativi”. Il workshop, attraverso la presentazione dei dati della Ricerca dell’Osservatorio e un’attività laboratoriale in gruppi di lavoro, ha approfondito il tema della “Skill- Based Organization”, ossia un approccio organizzativo che mette al centro dei processi decisionali nei processi HR le competenze.
La ricerca dell'osservatorio
I primi studi sul tema “Skill-Based Organization” risalgono all’inizio degli anni ’90, quando, Edward Lawler e Gerald Ledford, professori dell’University of Southern California, hanno teorizzato un approccio alla gestione delle risorse umane e del talent management che desse maggior peso alle competenze. Questo approccio definiva gli elementi caratteristici in ciascun processo HR di quella che venne definita all’epoca una “competence-based organization”, un’organizzazione le cui decisioni strategiche facessero leva sulle competenze dei collaboratori. Nonostante il tema sia stato teorizzato per decenni, le sperimentazioni nella pratica sono state limitate a singoli processi piuttosto che abbracciare la totalità delle pratiche di gestione delle risorse umane.
Secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice, sono diverse le motivazioni per cui oggi è importante parlare di un approccio ”Skill-based”. Tra queste, innanzitutto, c’è l’odierno contesto globale, definito con l’acronimo “BANI” (Fragile dall’inglese “Brittle”: ansiogeno, non lineare, Incomprensibile), e la sua incertezza che ha ripercussioni sul benessere generale delle persone, coinvolgendo inevitabilmente anche la sfera lavorativa.
A questo si aggiunge poi una più rapida obsolescenza delle competenze causata dall’evoluzione tecnologica. I recenti progressi tecnologici generano, infatti, un mercato del lavoro dinamico, in cui le competenze chiave per operare in maniera efficace cambiano rapidamente. Ciò si scontra con la rigidità delle organizzazioni, che faticano non solo a identificare le competenze necessarie per l’organizzazione, oggi e in futuro, ma anche a comprendere quali siano quelle attualmente presenti al loro interno. Secondo il World Economic Forum, il 58% delle persone a livello internazionale è preoccupato che le competenze richieste dal loro ruolo cambino nei prossimi 5 anni. In Italia, secondo un’indagine del 2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, il 32% dei lavoratori è preoccupato che le proprie competenze divengano obsolete in 1-2 anni e che farà fatica a ricollocarsi. In questo senso, una delle sfide più urgenti per le Direzioni HR riguarda la progettazione di programmi di upskilling e reskilling efficaci, per rispondere all’arricchimento di ruoli con nuove competenze e alla necessità di riqualificazione delle persone.
Strettamente collegato è poi il tema della scarsità di competenze presenti nel mercato del lavoro. I progressi tecnologici creano sì nuove opportunità, ma che spesso le organizzazioni non riescono a cogliere. I numeri confermano questa criticità: nel 2024, l’88% delle organizzazioni ha avuto difficoltà ad assumere nuovo personale dal mercato e solo il 35% è stato in grado di valorizzare le competenze “nascoste” del personale già assunto. A fronte della difficoltà di reperire esternamente alcune figure, le organizzazioni si stanno concentrando sempre di più sul loro sviluppo interno, il quale potrebbe essere agevolato proprio dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle skill “nascoste” delle persone. Ad aggiungere ulteriore complessità è infine l’ingresso della Generazione Z nel mondo del lavoro, portatrice di nuove esigenze ed aspettative, tra cui la volontà di veder valorizzate le proprie competenze, il desiderio di ricevere formazione continua e la richiesta di un maggior dinamismo delle carriere. La ricerca, il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze e attitudini delle persone divengono, quindi, ancor più cruciali per il futuro delle organizzazioni e dei processi HR.
Per questi motivi, negli ultimi anni, si è tornato a parlare di “Skill-Based Organization”. In particolare, questo approccio si fonda su 3 caratteristiche. In primis, la “De-costruzione del lavoro”, un nuovo modo di organizzare il lavoro in cui le competenze dei dipendenti vengono abbinate dinamicamente a compiti o progetti specifici anziché a ruoli fissi. A questo viene accompagnata un’analisi strategica delle competenze presenti nell’organizzazione, che guida la gestione dei processi HR legati al talent management: recruiting, learning & development, career, performance & rewarding. Infine, con questo approccio la struttura organizzativa risulta più orizzontale e basata su team auto-gestiti che hanno autonomia e responsabilità nella conduzione del lavoro.
Un contributo fondamentale a questo approccio organizzativo proviene dalla tecnologia: innanzitutto, gli strumenti digitali oggi presenti sul mercato permettono di collegare in maniera più efficace e veloce le opportunità di formazione e crescita con le competenze, le attitudini e gli interessi delle persone; inoltre, esistono tecnologie in grado di facilitare la formazione continua, favorendo la personalizzazione e abilitando la risposta ai bisogni contestuali di ciascun individuo; infine, il supporto digitale permette di monitorare l'evoluzione delle competenze nel tempo, in relazione alle dinamiche del mercato esterno.
Come deve quindi evolvere l’organizzazione? L’Osservatorio HR Innovation Practice ha presentato, in occasione del workshop, un modello di maturità di questo approccio, che mira a identificare l’evoluzione di 5 principali macro-processi HR (Work & Organizational Design, Recruiting, Learning & Development, Career Management, Performance Management & Rewarding), verso una crescente maturità di adozione di approcci “skill-based”.
Per osservare come questo approccio possa essere applicato in un contesto operativo, l’evento è proseguito con la testimonianza di Gianfranco Chimirri, Chief People & Agile Organization Officer di SACE, che ha portato l’esperienza della sua organizzazione verso il raggiungimento della maturità su questi temi.
La testimonianza
Gianfranco Chimirri, Chief People & Agile Organization Officer di SACE
L’esperienza di SACE su questi temi nasce nel settembre 2023, periodo in cui l’organizzazione ha deciso di adottare iniziative verso un modello organizzativo maggiormente incentrato sulle competenze, nell’ottica di farne una fonte di vantaggio competitivo.
L’approccio di SACE affronta la tematica in maniera olistica, abbracciando diversi macro-processi HR legati al talent management. Per fare ciò, l’azienda ha innanzitutto creato uno catalogo interno per mappare le competenze presenti, nell’ottica di coprire il fabbisogno non solo per il presente, ma anche per il futuro. Le competenze vengono valutate in maniera costante, tenendo conto sia delle valutazioni dei team leader, sia di quelle dei colleghi con cui le persone collaborano nei progetti a cui partecipano. Questa consapevolezza delle competenze presenti e degli eventuali gap funge da base per l’applicazione dell’approccio “skill-based” nei diversi macro-processi HR.
In particolare, nel processo di gestione delle carriere le persone possono muoversi all’interno di un framework trasparente, che evidenzia le competenze associate a ciascun ruolo nell’organizzazione. Per rendere questo processo personalizzato, è stato implementato uno strumento, chiamato “Career GPS”, in grado di guidare la carriera, suggerendo le opportunità di sviluppo più idonee alle competenze attuali della persona e alle traiettorie che vuole perseguire. Lo strumento, infatti, dà visibilità del gap di competenze tra il proprio portafoglio di skill e quello necessario per ricoprire il ruolo attuale o quelli desiderati per il futuro. Tutto questo nell’ottica di fornire informazioni utili per prendere decisioni informate sulle competenze da sviluppare (ad esempio, se le competenze risultano di valore anche in prospettiva). In aggiunta, lo strumento consiglia anche le modalità tramite cui potenziare le competenze, creando una connessione con il processo di formazione e le diverse modalità di sviluppo di competenze a disposizione.
L'approccio “skill-based” è stato applicato anche alle attività legate al workforce planning. Il team HR può impostare sulla piattaforma le competenze che sta cercando, ottenendo una panoramica sulla loro presenza in tutta l’organizzazione. Questo è possibile grazie alla definizione di una strategia di sviluppo di competenze strettamente collegata sulla strategia di business, da cui vengono definiti di conseguenza i piani formativi e di mobilità interna. Tale pianificazione si basa su approccio specifico che comprende: le considerazioni legate alle attività da automatizzare e il relativo impatto sulle competenze associate a ciascuna posizione; l’analisi delle competenze di cui l’organizzazione avrà bisogno in futuro, associata a considerazioni su come ricoprire internamente il fabbisogno; le strategie di ricerca delle competenze sul mercato del lavoro, nel caso non si riesca a svilupparle internamente; la presa a prestito di competenze, per quegli ambiti non strategici o contingenti, tramite rapporti di collaborazione temporanei.
Un altro ambito di applicazione dell’approccio riguarda infine le tematiche legate alla retribuzione. Ad oggi, infatti, la parte variabile della retribuzione è composta in parte da obiettivi di performance e in parte da obiettivi di sviluppo di competenze. Le iniziative non si limitano tuttavia alla componente variabile della retribuzione, influenzando anche la retribuzione fissa.
Il modello proposto offre numerosi benefici sia per le persone che per l'intera organizzazione. Sul piano dei collaboratori, uno dei principali vantaggi è il riconoscimento e la valorizzazione delle unicità della persona, che consente a tutti di essere visti come individui con competenze e caratteristiche distintive. Questo approccio permette anche di far emergere skill nascoste, dando l'opportunità di esprimere il proprio potenziale. Inoltre, i collaboratori acquisiscono un senso di responsabilità riguardo allo sviluppo delle proprie competenze, assumendo un ruolo attivo nel loro percorso di crescita professionale. Per quanto riguarda l'organizzazione, questo approccio consente a SACE, nella maggioranza dei casi, di attingere alle proprie risorse interne per colmare i fabbisogni di competenze, senza dover ricorrere al mercato esterno. Infine, il modello crea una protezione sull’investimento nello sviluppo di competenze delle persone, offrendo incentivi a rimanere nell’organizzazione e veder valorizzate le proprie competenze.
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Fonte: Osservatorio Hr Innovation Practice
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Il 19 marzo si è tenuto il terzo workshop dell’edizione 2024-2025 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, intitolato “Rivoluzione Skill-Based: come cambiano i processi HR e i modelli organizzativi”. Il workshop, attraverso la presentazione dei dati della Ricerca dell’Osservatorio e un’attività laboratoriale in gruppi di lavoro, ha approfondito il tema della “Skill- Based Organization”, ossia un approccio organizzativo che mette al centro dei processi decisionali nei processi HR le competenze.
La ricerca dell’osservatorio
I primi studi sul tema “Skill-Based Organization” risalgono all’inizio degli anni ’90, quando, Edward Lawler e Gerald Ledford, professori dell’University of Southern California, hanno teorizzato un approccio alla gestione delle risorse umane e del talent management che desse maggior peso alle competenze. Questo approccio definiva gli elementi caratteristici in ciascun processo HR di quella che venne definita all’epoca una “competence-based organization”, un’organizzazione le cui decisioni strategiche facessero leva sulle competenze dei collaboratori. Nonostante il tema sia stato teorizzato per decenni, le sperimentazioni nella pratica sono state limitate a singoli processi piuttosto che abbracciare la totalità delle pratiche di gestione delle risorse umane.
Secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice, sono diverse le motivazioni per cui oggi è importante parlare di un approccio ”Skill-based”. Tra queste, innanzitutto, c’è l’odierno contesto globale, definito con l’acronimo “BANI” (Fragile (dall’inglese “Brittle”: ansiogeno, non lineare, Incomprensibile), e la sua incertezza che ha ripercussioni sul benessere generale delle persone, coinvolgendo inevitabilmente anche la sfera lavorativa.
A questo si aggiunge poi una più rapida obsolescenza delle competenze causata dall’evoluzione tecnologica. I recenti progressi tecnologici generano, infatti, un mercato del lavoro dinamico, in cui le competenze chiave per operare in maniera efficace cambiano rapidamente. Ciò si scontra con la rigidità delle organizzazioni, che faticano non solo a identificare le competenze necessarie per l’organizzazione, oggi e in futuro, ma anche a comprendere quali siano quelle attualmente presenti al loro interno. Secondo il World Economic Forum, il 58% delle persone a livello internazionale è preoccupato che le competenze richieste dal loro ruolo cambino nei prossimi 5 anni. In Italia, secondo un’indagine del 2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, il 32% dei lavoratori è preoccupato che le proprie competenze divengano obsolete in 1-2 anni e che farà fatica a ricollocarsi. In questo senso, una delle sfide più urgenti per le Direzioni HR riguarda la progettazione di programmi di upskilling e reskilling efficaci, per rispondere all’arricchimento di ruoli con nuove competenze e alla necessità di riqualificazione delle persone.
Strettamente collegato è poi il tema della scarsità di competenze presenti nel mercato del lavoro. I progressi tecnologici creano sì nuove opportunità, ma che spesso le organizzazioni non riescono a cogliere. I numeri confermano questa criticità: nel 2024, l’88% delle organizzazioni ha avuto difficoltà ad assumere nuovo personale dal mercato e solo il 35% è stato in grado di valorizzare le competenze “nascoste” del personale già assunto. A fronte della difficoltà di reperire esternamente alcune figure, le organizzazioni si stanno concentrando sempre di più sul loro sviluppo interno, il quale potrebbe essere agevolato proprio dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle skill “nascoste” delle persone. Ad aggiungere ulteriore complessità è infine l’ingresso della Generazione Z nel mondo del lavoro, portatrice di nuove esigenze ed aspettative, tra cui la volontà di veder valorizzate le proprie competenze, il desiderio di ricevere formazione continua e la richiesta di un maggior dinamismo delle carriere. La ricerca, il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze e attitudini delle persone divengono, quindi, ancor più cruciali per il futuro delle organizzazioni e dei processi HR.
Per questi motivi, negli ultimi anni, si è tornato a parlare di “Skill-Based Organization”. In particolare, questo approccio si fonda su 3 caratteristiche. In primis, la “De-costruzione del lavoro”, un nuovo modo di organizzare il lavoro in cui le competenze dei dipendenti vengono abbinate dinamicamente a compiti o progetti specifici anziché a ruoli fissi. A questo viene accompagnata un’analisi strategica delle competenze presenti nell’organizzazione, che guida la gestione dei processi HR legati al talent management: recruiting, learning & development, career, performance & rewarding. Infine, con questo approccio la struttura organizzativa risulta più orizzontale e basata su team auto-gestiti che hanno autonomia e responsabilità nella conduzione del lavoro.
Un contributo fondamentale a questo approccio organizzativo proviene dalla tecnologia: innanzitutto, gli strumenti digitali oggi presenti sul mercato permettono di collegare in maniera più efficace e veloce le opportunità di formazione e crescita con le competenze, le attitudini e gli interessi delle persone; inoltre, esistono tecnologie in grado di facilitare la formazione continua, favorendo la personalizzazione e abilitando la risposta ai bisogni contestuali di ciascun individuo; infine, il supporto digitale permette di monitorare l’evoluzione delle competenze nel tempo, in relazione alle dinamiche del mercato esterno.
Come deve quindi evolvere l’organizzazione? L’Osservatorio HR Innovation Practice ha presentato, in occasione del workshop, un modello di maturità di questo approccio, che mira a identificare l’evoluzione di 5 principali macro-processi HR (Work & Organizational Design, Recruiting, Learning & Development, Career Management, Performance Management & Rewarding), verso una crescente maturità di adozione di approcci “skill-based”.
Per osservare come questo approccio possa essere applicato in un contesto operativo, l’evento è proseguito con la testimonianza di Gianfranco Chimirri, Chief People & Agile Organization Officer di SACE, che ha portato l’esperienza della sua organizzazione verso il raggiungimento della maturità su questi temi.
La testimonianza
Gianfranco Chimirri, Chief People & Agile Organization Officer di SACE
L’esperienza di SACE su questi temi nasce nel settembre 2023, periodo in cui l’organizzazione ha deciso di adottare iniziative verso un modello organizzativo maggiormente incentrato sulle competenze, nell’ottica di farne una fonte di vantaggio competitivo.
L’approccio di SACE affronta la tematica in maniera olistica, abbracciando diversi macro-processi HR legati al talent management. Per fare ciò, l’azienda ha innanzitutto creato uno catalogo interno per mappare le competenze presenti, nell’ottica di coprire il fabbisogno non solo per il presente, ma anche per il futuro. Le competenze vengono valutate in maniera costante, tenendo conto sia delle valutazioni dei team leader, sia di quelle dei colleghi con cui le persone collaborano nei progetti a cui partecipano. Questa consapevolezza delle competenze presenti e degli eventuali gap funge da base per l’applicazione dell’approccio “skill-based” nei diversi macro-processi HR.
In particolare, nel processo di gestione delle carriere le persone possono muoversi all’interno di un framework trasparente, che evidenzia le competenze associate a ciascun ruolo nell’organizzazione. Per rendere questo processo personalizzato, è stato implementato uno strumento, chiamato “Career GPS”, in grado di guidare la carriera, suggerendo le opportunità di sviluppo più idonee alle competenze attuali della persona e alle traiettorie che vuole perseguire. Lo strumento, infatti, dà visibilità del gap di competenze tra il proprio portafoglio di skill e quello necessario per ricoprire il ruolo attuale o quelli desiderati per il futuro. Tutto questo nell’ottica di fornire informazioni utili per prendere decisioni informate sulle competenze da sviluppare (ad esempio, se le competenze risultano di valore anche in prospettiva). In aggiunta, lo strumento consiglia anche le modalità tramite cui potenziare le competenze, creando una connessione con il processo di formazione e le diverse modalità di sviluppo di competenze a disposizione.
L’approccio “skill-based” è stato applicato anche alle attività legate al workforce planning. Il team HR può impostare sulla piattaforma le competenze che sta cercando, ottenendo una panoramica sulla loro presenza in tutta l’organizzazione. Questo è possibile grazie alla definizione di una strategia di sviluppo di competenze strettamente collegata sulla strategia di business, da cui vengono definiti di conseguenza i piani formativi e di mobilità interna. Tale pianificazione si basa su approccio specifico che comprende: le considerazioni legate alle attività da automatizzare e il relativo impatto sulle competenze associate a ciascuna posizione; l’analisi delle competenze di cui l’organizzazione avrà bisogno in futuro, associata a considerazioni su come ricoprire internamente il fabbisogno; le strategie di ricerca delle competenze sul mercato del lavoro, nel caso non si riesca a svilupparle internamente; la presa a prestito di competenze, per quegli ambiti non strategici o contingenti, tramite rapporti di collaborazione temporanei.
Un altro ambito di applicazione dell’approccio riguarda infine le tematiche legate alla retribuzione. Ad oggi, infatti, la parte variabile della retribuzione è composta in parte da obiettivi di performance e in parte da obiettivi di sviluppo di competenze. Le iniziative non si limitano tuttavia alla componente variabile della retribuzione, influenzando anche la retribuzione fissa.
Il modello proposto offre numerosi benefici sia per le persone che per l’intera organizzazione. Sul piano dei collaboratori, uno dei principali vantaggi è il riconoscimento e la valorizzazione delle unicità della persona, che consente a tutti di essere visti come individui con competenze e caratteristiche distintive. Questo approccio permette anche di far emergere skill nascoste, dando l’opportunità di esprimere il proprio potenziale. Inoltre, i collaboratori acquisiscono un senso di responsabilità riguardo allo sviluppo delle proprie competenze, assumendo un ruolo attivo nel loro percorso di crescita professionale. Per quanto riguarda l’organizzazione, questo approccio consente a SACE, nella maggioranza dei casi, di attingere alle proprie risorse interne per colmare i fabbisogni di competenze, senza dover ricorrere al mercato esterno. Infine, il modello crea una protezione sull’investimento nello sviluppo di competenze delle persone, offrendo incentivi a rimanere nell’organizzazione e veder valorizzate le proprie competenze.
Alveria è partner ideale per affrontare questa trasformazione. Con i nostri strumenti digitali avanzati, supportiamo le HR nel migliorare processi, analisi dei dati e interazione con i dipendenti, rendendo la gestione più intuitiva ed efficiente.
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