QUANDO L’AI È UN ALLEATO PER LE DIREZIONI HR
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Marzo 12, 2024Le frontiere dell’Employee Experience: best practice a confronto
Febbraio 22, 2024
Le frontiere dell’Employee Experience: best practice a confronto
Il 6 febbraio si è tenuto il secondo workshop dell’edizione 2023-2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, intitolato “Le frontiere dell’Employee Experience: best practice a confronto”. Il workshop ha approfondito il tema dell’evoluzione dell’esperienza dei collaboratori nel contesto organizzativo, grazie alla presentazione di progettualità e best practice da parte di HR Executive ed esperti del settore.
L'introduzione dell’Osservatorio
Durante la prima parte dell’evento, l’Osservatorio ha definito le caratteristiche e gli elementi fondamentali dell’Employee Experience, presentando alcuni dati di Ricerca e modelli da fonti internazionali. L’Employee Experience, l’esperienza che l’organizzazione offre ai suoi collaboratori, è composta da tutte quelle interazioni e relazioni che si sostanziano lungo tre momenti continui e permeabili tra loro: l’Employer Branding, le azioni con cui l’organizzazione si presenta a collaboratori e potenziali candidati, in qualità di “datore di lavoro”; l’Organizational Environment, ossia l’ambiente culturale, fisico e digitale che le persone vivono una volta entrate nell’organizzazione; l’Employee Journey, il cuore dell’esperienza, con i suoi “momenti che contano”, spesso coincidenti con processi e servizi presidiati dalla Direzione HR. L’Employee Experience non ha sempre avuto la stessa rilevanza nel corso del tempo. Per raccontarne l’evoluzione, l’Osservatorio ha rielaborato un modello di Jacob Morgan basato su quattro tappe storiche. La prima, dagli anni 20 agli anni 50, è quella dell’utility: l’esperienza dei collaboratori si compone esclusivamente dei mezzi e degli strumenti messi a disposizione dall’organizzazione e funzionali alla conduzione del loro lavoro. Dalla metà del secolo, con lo sviluppo dei sistemi industriali di automazione, il focus diventa la productivity e le organizzazioni iniziano a concentrarsi su “efficienza”, “ottimizzazione” e “ripetibilità”. Negli anni 90, i grandi studi di psicologia del lavoro inaugurano la fase dell’engagement: le organizzazioni puntano al coinvolgimento e alla motivazione delle loro persone, in maniera comunque strumentale al miglioramento della prestazione lavorativa. Dal 2020 e con l’arrivo della pandemia l’attenzione si sposta verso l’experience a 360 gradi che l’organizzazione offre ai collaboratori, intercettando nuovi bisogni, aspettative e interessi. Cultura, ambienti fisici e tecnologie ne sono i tre elementi essenziali, costruiti con l’obiettivo di far star bene le persone e accendere in loro un nuovo purpose. Quali caratteristiche devono possedere questi tre elementi?
Spazi fisici
Inclusivi e connessi: valorizzanti rispetto alle caratteristiche distintive delle persone e, contemporaneamente, aperti a città e territorio. Confortevoli, privi di barriere architettoniche, collegati alle infrastrutture del territorio e facilmente accessibili da tutti.
Flessibili e riconfigurabili: adeguati rispetto alle nuove modalità di lavoro ibride, in linea rispetto alle esigenze presenti e future, di organizzazioni e persone.
Identitari: in grado di trasmettere a chi li vive i valori, la cultura e l’identità dell’organizzazione, in cui alle persone piaccia identificarsi.
Intelligenti: su misura rispetto alle diverse attività lavorative, per favorire la collaborazione, attivare la socializzazione, conciliare la concentrazione, stimolare la creatività.
Dalla Ricerca dell’Osservatorio Smart Working emerge che solo percentuali molto limitate del campione hanno a disposizione spazi con queste caratteristiche. Meno del 20% dispone di luoghi fisici di lavoro flessibili e riconfigurabili, meno del 15% aree dedicate alla socializzazione e al relax, solo il 12% ha postazioni libere, non assegnate. L’apertura verso il territorio (es. con la gestione di hub esterni in logica coworking) e spazi dotati di tecnologie avanzate (es. nelle sale riunioni) sono caratteristiche ancora meno diffuse.
Tecnologie
Accessibili e semplici: user friendly e pensate per essere utilizzate da tutti, anche da coloro che non dispongono di competenze specifiche e tecniche in ambito digitale.
Accattivanti e “consumer”: attrattive, coinvolgenti e simili alle tecnologie che le persone utilizzano nella loro vita quotidiana, in qualità di consumatori e fruitori di servizi.
Personalizzabili: rispondenti ai bisogni reali e alle preferenze di utilizzo delle persone.
Ad oggi, di quali tecnologie dispongono le persone per gestire il loro lavoro quotidiano? La Ricerca dell’Osservatorio Smart Working evidenzia che tra i sistemi attualmente più diffusi, troviamo i software a supporto della collaborazione, per la conservazione e la condivisione documentale e per l’attivazione delle video conferenze. Meno presenti, invece, le applicazioni di project management per la gestione delle diverse attività, gli assistenti virtuali/ chatbot in grado di fornire consigli all’operatore e le applicazioni di Realtà Virtuale/ Aumentata. È interessante notare, poi, che buona parte del campione, nonostante disponga di questi sistemi, non li utilizza.
Le tecnologie rappresentano un driver importante anche per l’accesso a servizi e processi presidiati dalla Direzione HR. Più della metà del campione di organizzazioni dispone di sistemi che permettono alle persone di accedere al micro-learning (es. pillole formative), il 33% fornisce ai neoassunti kit digitali o app che li supportano in fase di onboarding, il 30% dà la possibilità ai candidati di presentarsi in fase di selezione con strumenti “video” (es. Video CV o Video Cover Letter). Rimangono ancora poco diffusi, invece, i sistemi che permettono lo scambio di feedback continuo - importantissimi per garantire la crescita e lo sviluppo delle persone - e le piattaforme formative più di frontiera, in grado di adattare l’apprendimento alle esigenze dei discenti (es. Adaptive Learning).
Cultura
Attenta al benessere e al Work-Life Balance: orientata alla creazione di ambienti di lavoro in cui le persone stiano bene fisicamente, psicologicamente e socialmente e possano gestire il proprio equilibrio vita lavorativa-vita privata.
Meritocratica ed equa: attenta a fornire a tutte le persone le stesse condizioni di partenza, senza alcuna forma di discriminazione né pregiudizi.
Valorizzante e inclusiva: in grado di integrare e far tesoro delle eterogeneità delle persone, in quanto fonte di ricchezza e caratteristiche da valorizzare.
A supporto dell’employability: orientata allo sviluppo dell’impiegabilità futura delle proprie persone grazie alla formazione, all’upskilling e al reskilling dei profili.
Nonostante in questi ultimi anni il benessere dei lavoratori stia toccando livelli minimi e allarmanti, meno della metà del campione dall’Osservatorio HR Innovation Practice ha attivato delle iniziative a supporto. Questa evidenza si riflette in maniera negativa sui lavoratori, insoddisfatti di quanto messo in atto dalle proprie organizzazioni sia in ambito benessere che in quello work-life balance. Anche meritocrazia ed equità rappresentano elementi critici: circa il 30% delle persone sente di non avere le stesse opportunità di crescita dei colleghi e il 20% non è sicuro che il proprio manager le tratti equamente. In termini di valorizzazione delle diversità, spesso manca una strategia di fondo che sappia guidare le diverse iniziative e il rischio è che queste perdano di efficacia o non siano apprezzate dai lavoratori, come accade per il 9% di loro. Rispetto alla garanzia dell’employability, il 60% delle organizzazioni si muove già con percorsi di riqualificazione professionale, ma il 90% delle persone è ancora poco soddisfatto del supporto ricevuto.
Infine, l’ultima parte della presentazione dell’Osservatorio è stata dedicata ad una caratteristica fondamentale dell’Employee Experience: la coerenza. Per spiegare il concetto, è stato rielaborato un modello di due ricercatori del Massachusetts Institute of Technology basato su adaptive work environment – l’ambiente lavorativo “adattabile” rispetto alle esigenze delle persone – e i collective work habits – le abitudini, le prassi, gli aspetti culturali che determinano quanto le persone riescano a sfruttare le opportunità offerte dall’ambiente di lavoro adattivo. Esempi di coerenza tra le due componenti possono essere la definizione di policy di flessibilità oraria e di luogo e la reale opportunità per le persone di usufruirne senza incorrere in conseguenze, oppure la previsione di piani formativi a supporto del reskilling insieme alla possibilità di dedicare parte del tempo lavorativo alla formazione. Dalla Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice emerge, invece, un esempio di incoerenza sull’utilizzo di tecnologia di frontiera da parte delle persone per accedere ad alcuni servizi HR: più della metà del campione di lavoratori che ha sperimentato Chat Bot, Realtà Aumentata/ Virtuale e iniziative di Tik Tok Resume afferma si sia trattata di un’esperienza negativa. In questo caso, ad un ambiente organizzativo adattivo, tecnologico e all’avanguardia, è mancata la corrispondenza con l’esperienza di utilizzo, ancora poco soddisfacente.
Le testimonianze a confronto
Il workshop è proseguito con una serie di testimonianze aziendali su progettualità e iniziative di ridefinizione dell’Employee Experience portate da HR Executive e aziende Partner e Sponsor dell’Osservatorio. Di seguito la testimonianza di Giovanni Iacobelli, Head People Service di TIM e Massimo Genova, CEO di Alveria.
TIM e Alveria
Quali sono le precondizioni necessarie per rendere effettivamente possibile questa filosofia?
Il primo passo è stato iniziare a considerare la Direzione HR come un sistema complesso composto da vari sottosistemi. Questi sottosistemi producono molte informazioni sulle persone all'interno dell'organizzazione, spesso non comunicanti tra loro. Nel 2019 TIM ha avviato i lavori per creare una piattaforma che integrasse nativamente tutti questi sottosistemi, al fine di mettere la Direzione HR e gli altri utilizzatori di dati nelle condizioni di accedervi facilmente. L’obiettivo è stato quello di fornire a tutti gli attori interessati dati, informazioni e modelli interpretativi coerenti con il loro ruolo e con i loro processi decisionali, dall’HR, ai manager, fino ai collaboratori stessi. È stato quindi creato un unico punto d'accesso per tutti i servizi e le informazioni disponibili, sia quelli prodotti internamente che quelli provenienti da altre piattaforme. La piattaforma è stata progettata per essere intuitiva e facile da usare, con un profilo digitale personalizzato per ciascun utente, che fornisce informazioni pertinenti e permette di gestire i processi in modo efficiente. Per quanto riguarda i dati sulle persone, l’azienda ha reso disponibili dossier digitali e dashboard personalizzate per monitorare lo stato dei processi e pianificare percorsi di carriera e formazione. I manager possono visualizzare le informazioni relative alla loro struttura organizzativa, mentre l’HR può monitorare i singoli processi e le unità organizzative. Infine, all’interno della piattaforma è stato implementato un meccanismo di ricerca che consente di estrarre dati aggiornati e visualizzarli in modo flessibile e personalizzato, semplificando l'accesso e l'utilizzo delle informazioni.
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Il 6 febbraio si è tenuto il secondo workshop dell’edizione 2023-2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, intitolato “Le frontiere dell’Employee Experience: best practice a confronto”. Il workshop ha approfondito il tema dell’evoluzione dell’esperienza dei collaboratori nel contesto organizzativo, grazie alla presentazione di progettualità e best practice da parte di HR Executive ed esperti del settore.
L’INTRODUZIONE DELL’OSSERVATORIO
Durante la prima parte dell’evento, l’Osservatorio ha definito le caratteristiche e gli elementi fondamentali dell’Employee Experience, presentando alcuni dati di Ricerca e modelli da fonti internazionali. L’Employee Experience, l’esperienza che l’organizzazione offre ai suoi collaboratori, è composta da tutte quelle interazioni e relazioni che si sostanziano lungo tre momenti continui e permeabili tra loro: l’Employer Branding, le azioni con cui l’organizzazione si presenta a collaboratori e potenziali candidati, in qualità di “datore di lavoro”; l’Organizational Environment, ossia l’ambiente culturale, fisico e digitale che le persone vivono una volta entrate nell’organizzazione; l’Employee Journey, il cuore dell’esperienza, con i suoi “momenti che contano”, spesso coincidenti con processi e servizi presidiati dalla Direzione HR. L’Employee Experience non ha sempre avuto la stessa rilevanza nel corso del tempo. Per raccontarne l’evoluzione, l’Osservatorio ha rielaborato un modello di Jacob Morgan basato su quattro tappe storiche. La prima, dagli anni 20 agli anni 50, è quella dell’utility: l’esperienza dei collaboratori si compone esclusivamente dei mezzi e degli strumenti messi a disposizione dall’organizzazione e funzionali alla conduzione del loro lavoro. Dalla metà del secolo, con lo sviluppo dei sistemi industriali di automazione, il focus diventa la productivity e le organizzazioni iniziano a concentrarsi su “efficienza”, “ottimizzazione” e “ripetibilità”. Negli anni 90, i grandi studi di psicologia del lavoro inaugurano la fase dell’engagement: le organizzazioni puntano al coinvolgimento e alla motivazione delle loro persone, in maniera comunque strumentale al miglioramento della prestazione lavorativa. Dal 2020 e con l’arrivo della pandemia l’attenzione si sposta verso l’experience a 360 gradi che l’organizzazione offre ai collaboratori, intercettando nuovi bisogni, aspettative e interessi. Cultura, ambienti fisici e tecnologie ne sono i tre elementi essenziali, costruiti con l’obiettivo di far star bene le persone e accendere in loro un nuovo purpose. Quali caratteristiche devono possedere questi tre elementi?
Spazi fisici
Inclusivi e connessi: valorizzanti rispetto alle caratteristiche distintive delle persone e, contemporaneamente, aperti a città e territorio. Confortevoli, privi di barriere architettoniche, collegati alle infrastrutture del territorio e facilmente accessibili da tutti.
Flessibili e riconfigurabili: adeguati rispetto alle nuove modalità di lavoro ibride, in linea rispetto alle esigenze presenti e future, di organizzazioni e persone.
Identitari: in grado di trasmettere a chi li vive i valori, la cultura e l’identità dell’organizzazione, in cui alle persone piaccia identificarsi.
Intelligenti: su misura rispetto alle diverse attività lavorative, per favorire la collaborazione, attivare la socializzazione, conciliare la concentrazione, stimolare la creatività.
Dalla Ricerca dell’Osservatorio Smart Working emerge che solo percentuali molto limitate del campione hanno a disposizione spazi con queste caratteristiche. Meno del 20% dispone di luoghi fisici di lavoro flessibili e riconfigurabili, meno del 15% aree dedicate alla socializzazione e al relax, solo il 12% ha postazioni libere, non assegnate. L’apertura verso il territorio (es. con la gestione di hub esterni in logica coworking) e spazi dotati di tecnologie avanzate (es. nelle sale riunioni) sono caratteristiche ancora meno diffuse.
Tecnologie
Accessibili e semplici: user friendly e pensate per essere utilizzate da tutti, anche da coloro che non dispongono di competenze specifiche e tecniche in ambito digitale.
Accattivanti e “consumer”: attrattive, coinvolgenti e simili alle tecnologie che le persone utilizzano nella loro vita quotidiana, in qualità di consumatori e fruitori di servizi.
Personalizzabili: rispondenti ai bisogni reali e alle preferenze di utilizzo delle persone.
Ad oggi, di quali tecnologie dispongono le persone per gestire il loro lavoro quotidiano? La Ricerca dell’Osservatorio Smart Working evidenzia che tra i sistemi attualmente più diffusi, troviamo i software a supporto della collaborazione, per la conservazione e la condivisione documentale e per l’attivazione delle video conferenze. Meno presenti, invece, le applicazioni di project management per la gestione delle diverse attività, gli assistenti virtuali/ chatbot in grado di fornire consigli all’operatore e le applicazioni di Realtà Virtuale/ Aumentata. È interessante notare, poi, che buona parte del campione, nonostante disponga di questi sistemi, non li utilizza.
Le tecnologie rappresentano un driver importante anche per l’accesso a servizi e processi presidiati dalla Direzione HR3. Più della metà del campione di organizzazioni dispone di sistemi che permettono alle persone di accedere al micro-learning (es. pillole formative), il 33% fornisce ai neoassunti kit digitali o app che li supportano in fase di onboarding, il 30% dà la possibilità ai candidati di presentarsi in fase di selezione con strumenti “video” (es. Video CV o Video Cover Letter). Rimangono ancora poco diffusi, invece, i sistemi che permettono lo scambio di feedback continuo – importantissimi per garantire la crescita e lo sviluppo delle persone – e le piattaforme formative più di frontiera, in grado di adattare l’apprendimento alle esigenze dei discenti (es. Adaptive Learning).
Cultura
Attenta al benessere e al Work-Life Balance: orientata alla creazione di ambienti di lavoro in cui le persone stiano bene fisicamente, psicologicamente e socialmente e possano gestire il proprio equilibrio vita lavorativa-vita privata.
Meritocratica ed equa: attenta a fornire a tutte le persone le stesse condizioni di partenza, senza alcuna forma di discriminazione né pregiudizi.
Valorizzante e inclusiva: in grado di integrare e far tesoro delle eterogeneità delle persone, in quanto fonte di ricchezza e caratteristiche da valorizzare.
A supporto dell’employability: orientata allo sviluppo dell’impiegabilità futura delle proprie persone grazie alla formazione, all’upskilling e al reskilling dei profili.
Nonostante in questi ultimi anni il benessere dei lavoratori stia toccando livelli minimi e allarmanti, meno della metà del campione dall’Osservatorio HR Innovation Practice ha attivato delle iniziative a supporto. Questa evidenza si riflette in maniera negativa sui lavoratori, insoddisfatti di quanto messo in atto dalle proprie organizzazioni sia in ambito benessere che in quello work-life balance. Anche meritocrazia ed equità rappresentano elementi critici: circa il 30% delle persone sente di non avere le stesse opportunità di crescita dei colleghi e il 20% non è sicuro che il proprio manager le tratti equamente. In termini di valorizzazione delle diversità, spesso manca una strategia di fondo che sappia guidare le diverse iniziative e il rischio è che queste perdano di efficacia o non siano apprezzate dai lavoratori, come accade per il 9% di loro. Rispetto alla garanzia dell’employability, il 60% delle organizzazioni si muove già con percorsi di riqualificazione professionale, ma il 90% delle persone è ancora poco soddisfatto del supporto ricevuto.
Infine, l’ultima parte della presentazione dell’Osservatorio è stata dedicata ad una caratteristica fondamentale dell’Employee Experience: la coerenza. Per spiegare il concetto, è stato rielaborato un modello di due ricercatori del Massachusetts Institute of Technology basato su adaptive work environment – l’ambiente lavorativo “adattabile” rispetto alle esigenze delle persone – e i collective work habits – le abitudini, le prassi, gli aspetti culturali che determinano quanto le persone riescano a sfruttare le opportunità offerte dall’ambiente di lavoro adattivo. Esempi di coerenza tra le due componenti possono essere la definizione di policy di flessibilità oraria e di luogo e la reale opportunità per le persone di usufruirne senza incorrere in conseguenze, oppure la previsione di piani formativi a supporto del reskilling insieme alla possibilità di dedicare parte del tempo lavorativo alla formazione. Dalla Ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice emerge, invece, un esempio di incoerenza sull’utilizzo di tecnologia di frontiera da parte delle persone per accedere ad alcuni servizi HR: più della metà del campione di lavoratori che ha sperimentato Chat Bot, Realtà Aumentata/ Virtuale e iniziative di Tik Tok Resume afferma si sia trattata di un’esperienza negativa. In questo caso, ad un ambiente organizzativo adattivo, tecnologico e all’avanguardia, è mancata la corrispondenza con l’esperienza di utilizzo, ancora poco soddisfacente.
LE TESTIMONIANZE A CONFRONTO
Il workshop è proseguito con una serie di testimonianze aziendali su progettualità e iniziative di ridefinizione dell’Employee Experience portate da HR Executive e aziende Partner e Sponsor dell’Osservatorio. Di seguito la testimonianza di Giovanni Iacobelli, Head People Service di TIM e Massimo Genova, CEO di Alveria.
TIM e Alveria
Quali sono le precondizioni necessarie per rendere effettivamente possibile questa filosofia?
Il primo passo è stato iniziare a considerare la Direzione HR come un sistema complesso composto da vari sottosistemi. Questi sottosistemi producono molte informazioni sulle persone all’interno dell’organizzazione, spesso non comunicanti tra loro. Nel 2019 TIM ha avviato i lavori per creare una piattaforma che integrasse nativamente tutti questi sottosistemi, al fine di mettere la Direzione HR e gli altri utilizzatori di dati nelle condizioni di accedervi facilmente. L’obiettivo è stato quello di fornire a tutti gli attori interessati dati, informazioni e modelli interpretativi coerenti con il loro ruolo e con i loro processi decisionali, dall’HR, ai manager, fino ai collaboratori stessi. È stato quindi creato un unico punto d’accesso per tutti i servizi e le informazioni disponibili, sia quelli prodotti internamente che quelli provenienti da altre piattaforme. La piattaforma è stata progettata per essere intuitiva e facile da usare, con un profilo digitale personalizzato per ciascun utente, che fornisce informazioni pertinenti e permette di gestire i processi in modo efficiente. Per quanto riguarda i dati sulle persone, l’azienda ha reso disponibili dossier digitali e dashboard personalizzate per monitorare lo stato dei processi e pianificare percorsi di carriera e formazione. I manager possono visualizzare le informazioni relative alla loro struttura organizzativa, mentre l’HR può monitorare i singoli processi e le unità organizzative. Infine, all’interno della piattaforma è stato implementato un meccanismo di ricerca che consente di estrarre dati aggiornati e visualizzarli in modo flessibile e personalizzato, semplificando l’accesso e l’utilizzo delle informazioni.
Fonte: Osservatorio Hr Innovation Practice
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